L’ufficio di un flâneur
Questo è l’ufficio di un flâneur, non so se ne hai mai visto uno.
Da quella piantina mi guardo andare a zonzo, goccia di pioggia che disegna zig-zag contro un vetro. Quanto piccola sembra la città qui dentro, e quanto sembra grande.
In quell’archivio trovi tutte le eccezioni, in fila per nome, classe e fattispecie. Tutte, sì, perché non è possibile ce ne siano altre – mi ripeto, armeggiando con l’ultima arrivata.
Cerchi il cestino dei rifiuti? Ce n’è uno per gli assensi. Sebbene anche loro – propositi traditi, proposte tramortite, passioni travisate – facciano spesso una brutta fine accartocciata.
Scrivo con penne che spiccano il volo. Ecco perché perlustro strade, piazze, luoghi pubblici e privati in cerca di parole pesanti e punti fermi, inchiostro denso che rimanga attaccato alla pagina, che mi faccia compagnia sullo scaffale.
Nel mio ufficio traballante regna un ordine maniacale. Nulla viene lasciato al caso, perché il caso si è già preso tutto il resto.