Il giorno della partenza
Quel mattino aprirò gli occhi di soprassalto, battendo la sveglia di qualche minuto. Sciacquerò dal viso l’ultimo sogno (storie di scale e condomini vuoti).
Per scrupolo, metterò in una valigia tutti i fili che non si riannodano. Brandelli di gomitoli di ogni colore, raccolti con pazienza, o gettatimi addosso da non so chi. Messi assieme non farebbero un maglione, e anche se lo facessero l’effetto sarebbe ridicolo.
Chiuderò la porta come un giorno qualunque, ma lascerò le chiavi nella buca delle lettere. Annuserò l’aria del mattino carica di piombo e arsenico, ma la dirò comunque densa di promesse. Porterò la valigia al mio fianco come ho fatto spesso, ma questa volta volerà.
Arriverò in stazione con uno strano sorriso. Mi dirigerò al binario, e con la calma del pilota automatico salirò sul mio vagone.
Con gli occhi nel finestrino, la danza dei pali della luce inghiottiti dalla nebbia mi farà addormentare, restituendomi un po’ del riposo rubato dall’ansia della partenza.
La mia testa affonderà nel sedile, docile come un attrezzo che rientra nella sua custodia.